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Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/431

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LIBRO SECONDO 405

molto dalla prima lontana e ligia fin qui de’ barbari: Cirillo adunque approdato nella Sardegna, ed esposto su di pubblico luogo il capo di Zazone, riuscì onorevolmente a ridurre le due isole tributarie dell’imperio come eranlo dapprima. Spedì a un tempo Giovanni con parte dei fanti in Cesarea della Mauritania1, città

    coperta di spessi boschi, ed irrigata da fiumi piccoli. I suoi abitanti si cibano di latte, di miele e di carni, tutte queste cose somministrando ad ogni passo il paese. E vivono tra loro con giustizia ed umanità più di quello che facciano altri barbari; perciocchè il miele, che trovasi nella cavità degli alberi della montagna, è senza controversia alcuna di chi l’ha trovato; e le pecore marcate con certi segni, ancor che nessuno le custodisca, restano salve ai loro padroni. In tutte poi le altre cose della vita questi isolani maravigliosamente osservano, ciascuno per sua parte, ed alla opportunità le regole dell’operar giusto. Singolarissimo è presso loro ciò che accade nella nascita de’ figliuoli. Della donna di parto nessuno pendente il suo puerperio tien cura; ed all’incontro il marito di lei in luogo della puerpera si mette per un determinato numero di giorni in letto, come se fosse ammalato od avesse il corpo suo male affetto. In quest’isola nasce molto bosso e di specie non volgare, il che fa che il miele del paese sia totalmente amaro. I barbari che l’abitano hanno un idioma strano e non facile a intendersi. La loro popolazione eccede i trenta mila» (lib. v, trad. del cav. Compagnoni). V. inoltre Pausania, Delle cose Fociche; Marciano Capella, lib. vi; Seneca, ad Helviam, cap. 8. Tolomeo ne fa la lunghezza di cento trenta mila passi, e la larghezza di settanta mila.

  1. «Su questa marina (Cartaginese) era una città nominata Iol, la quale avendo riedificata Iuba padre di Tolomeo le mutò il nome in Cesarea, che ha un porto e un isoletta in-