Vai al contenuto

Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/433

Da Wikisource.

LIBRO SECONDO 407

cilia per iscacciare da una rocca del promontorio Lilibeo1 il vandalico presidio; ma le contradiarono i Goti, bramosi di non cedere un che dell’isola, dichiarandola stata mai sempre ed in ogni sua parte di loro giurisdizione. Egli adunque, fattone consapevole, scrivea in questi termini ai governatori:

III. «Col negare, o Goti, ai servi di Giustiniano il dominio della rocca di Lilibeo, occupata già dai Vandali, voi commettete un’ingiustizia, male provvedete alle cose vostre, ed appalesate desiderio che Atalarico a danno de’ proprj interessi e con tra il voler suo la rompa coll’imperatore, la cui amicizia tiene egli sì cara. E che si offenda in cotal modo per voi il diritto delle genti ne convenite voi stessi confessando Gilimero non guari prima signor di quella; nè di più è mestieri perchè all’imperatore vincitor di costui pur si debba quanto ora cercate sì operando contrastargli. Rammentatevi poi che se l’amicizia molto si compiace nel palliare le cagioni de’ richiami, vie più l’inimicizia è sollecita a punire i menomi falli, a riandare tutte le trascorse faccende, a non accordar pace a’ suoi rivali usurpatori, finchè rimangale a vendicare alcuna ben anche delle più lontane offese; ed avvegnachè soggiaccia talora nel cimento, giugne temporeggiando a riprendere il suo, e ad in-

  1. «A questi luoghi (coste della Libia) sta di contro il promontorio Lilibeo della Sicilia, correndovi l’intervallo di pressochè mille e cinque cento stadii, tanta essendo la distanza tra esso e Cartagine» (Strab., lib. xvii.)