Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/442

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418 GUERRE VANDALICHE

III. Al primo grido che dovesse apportare in Africa un’armata i Maurusii, paventandone qualche grave disagio, ebbero ricorso a sette vaticinj di femmine, interdetto dalla religion loro al sesso virile di presagire le cose future; queste adunque offerto non so che sacrificio proferirono certo oracolo non punto inferiore agli antichi: conciossiachè interrogate dagli uomini risposero: Al capitare dall’acqua un esercito col duce imberbe precipiteranno affatto le cose dei Vandali e de’ Maurusii. A tale predizione adunque ed alla vista del naviglio romano su per quel mare caduti in gravissimo timore non vollero collegarsi con Gilimero, ma fatta ambasceria a Belisario, come ho detto, promisergli pace seco, ed osservaronne gli accordi sino al terminar della guerra. Distrutta però la tirannia dei Vandali, mandano presso l’esercito romano ad esplorare se tra que’ duci avessevene alcuno sbarbato secondo il vaticinio; e risposto loro negativamente, subito deliberarono, persuasi che non fosse quello il tempo indicato dalla profezia, di ribellare e rompere la data fede, ma la fama di Belisario rattenevali un poco, disperando ogni buon successo lui presente. Non sì tosto però viderlo in mare colle sue guardie e co’ prigionieri, che impugnate le armi cominciarono a fare man bassa degli Africani, e riuscivano di leggieri ad ucciderne gli uomini, a condurre in ischiavitù donne e fanciulli, ed a mettere a ferro e fuoco tutte le costoro frontiere, non potendo i deboli presidj lasciati dall’esercito romano opporsi alle frequenti ed improvvise loro scorrerie. Se non che Belisario, fattone consapevole mentre stavasi