Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/461

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LIBRO SECONDO 437

sentò in poc'ora un valicar sicuro dal Burgaone ad un vicin monte, ove il resto de' barbari scalpitando i corpi degli uccisi ebbe salvezza dopo la perdita di cinque mila1 de’ suoi, quando neppur uno de’ Romani vi giuntò la vita, ma tutti senza riportare offesa dai Maurusii o dal caso, nell'intiero lor numero, e sanissimi uscirono con poco disagio vittoriosi da quel cimento. Colle truppe nemiche scomparvero gli stessi loro condottieri meno Isdilasa, che si diede al vincitore. Fu poi cotanto il numero delle femmine e dei fanciulli caduti in ischiavitù, che gli ultimi nel mercato apprezzavansi non più de’ montoni: allora eziandio giudicossi compito l'oracolo della sconfitta loro per opera d’un imberbe2. I Romani tornarono in Cartagine con Isdilasa e con tutto il bottino; ed i sopravviventi Maurusii non isperando più tranquillità nella Bizacene fecersi unitamente ai duci su quel de’ Numidi, ove implorarono la protezione di Iabda capo d’una parte de’ loro che abitavano il monte Aurasio; rimanendo nell'abbandonato soggiorno Punico Antala con sua gente, i quali ognor fedeli agli accordi fatti coll’imperatore non ebbero a sofferire ombra di male.

  1. (1) Cinquanta mila secondo altri testi.
  2. (2) V. cap. 8, di questo libro.