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Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/478

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452 GUERRE VANDALICHE

dervi, perciocchè i beni intrattanto gustati sembrano vie più inasprire la susseguente calamità. Di tal maniera in fe mia passando le cose nostre m’è forza qui rammentare che voi trionfatori de’ Vandali e de’ Maurusii participaste sì a tutti i travagli di quelle guerre, non però al bottino, guiderdone di esse. Pensate inoltre che addivenuti guerrieri menar dovete senza posa la vita tra i pericoli delle armi, combattendo o per la gloria dell’imperatore, se tornerete a lui, o per voi stessi ove coraggiosi perseveriate nell’acquistata libertà; in fra le quali cose or spetta a voi lo scegliere, acciocchè possiate far mostra o di codardia o di valore nell’imminente zuffa. Non vi dirò poi che armativi contro i Romani sperereste indarno, soggiogati di nuovo, benignità e giustizia, piacevolezza e compassione, attendendovi solo colà penosissimi ed insoffribili trattamenti. Meglio è quindi il perire, conciossiachè morendo comunque in campo vi divolgherà la fama da morte onestissima colti. E per verità se ai vincitori felice e soave cosa è la vita, qual più miserando stato pe’ vinti del mirarsi incessantemente costretti a riporre ogni fiducia nella pietà dei nimici. «Non istarò in fine a ricordarvi la costoro disparità nella pugna, mercecchè l’essere di numero a noi cotanto inferiori e soprattutto ardentissimi favoreggiatori pur eglino della nostra causa varrà in singolar modo a scemarne l’ardire».

V. E già i due eserciti animati dalle esortazioni dei proprj duci movevano per venire alle mani, quando surse improvviso e gagliardo vento; allora temendo i