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Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/494

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468 GUERRE VANDALICHE

ben munite trincee: se non che volendo rincorare dapprima l’esercito, aringollo in siffatta guisa:

II. «Debitori al Nume, o guerrieri, della vittoria per voi riportata alle radici di questo poggio, ardua impresa ed al tutto incredibile a chi non fu testimonio dell’operar nostro, e uopo che ora vi mostriate riconoscentissimi di tanto suo favore col non tralignare dall’antica virtù che se perseverando in essa affronterete arditi e coraggiosi il pericolo, v’è garante il felice successo delle vicende trascorse di quanto sarete per conseguire, dipendendo l’esito delle umane cose più che tutto dal saper cogliere le occasioni. Se l’uomo pertanto usa negligenza nel tener conto della fortuna, vedendosi da lei abbandonato non ne apponga la colpa che a se stesso. Avete innanzi agli occhi la debolezza del nemico, ed il castello ov’e’ s’intana privo d’ogni sostentamento della vita; è quindi mestieri che delle due v’appigliate all’una, o di attendere cioè l’arrendimento suo comportandosi con rassegnazione le penose cure dell’assedio, o di penetrare valorosamente in quelle mura per istrappargli altra nobilissima vittoria. Ma quanto addiverrà maggiore il profitto, e scemerà il pericolo se ci faremo contr’esso il quale, in fe mia, quasi consunto dalla fame non oserà tampoco impugnare le armi per combattervi. Fermi adunque in questo pensiero disponetevi ad eseguire con animo volonteroso gli ordini del vostro comandante».

III. Il duce finita la concione diedesi ad investigare la più facil via per condurre le truppe all’assalto, e