Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/155

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LIBRO SECONDO 145

degli accordi fatti tra loro e dello scambievole giuro, mandano il Romano sano e salvo alla città, e riconducon seco negli steccati il compagno. In processo di tempo cavalieri, non in gran numero, d'ambo gli eserciti comparvero in ordinanza per fare pruova di valore; ma ogni tenzone si ridusse a singolari disfide, nelle quali i Romani ebbero sempre vittoria. Così procedettero le narrate cose.

III. Non guari dopo venuti a battaglia nel campo di Nerone, ed ora i cavalieri imperiali, or quelli de' Gotti fugando gli avversarj, un Corsamante, massageta di nazione ed inclita lancia di Belisario, mosse con poca gente a perseguire picciol turma di settanta barbari, e, dilungatosi, la sua scorta diede di volta lasciandolo solo ad incalzare i fuggitivi. Orbè costoro avvedutisi della faccenda spronangli contro i cavalli, ed egli affrontandoli impetuosamente ne spegne uno de' valentissimi, e prosegue a tenzonare cogli altri; i quali mostrategli di nuovo le spalle prendon la fuga; se non che rattenuti dalla vergogna, supponendosi già alla vista de' commilitoni nel campo, tornano a fargli contro; ma nella guisa di prima accolti e perduto altro coraggiosissimo guerriero fuggon la terza volta; Corsamante allora dopo averli di per sè solo molestati sino al vallo rientrò nelle mura. Trascorso quindi breve tempo all’occasione d'altro simile badalucco venne offeso nella sinistra tibia sentendosi penetrare l'osso dal dardo, in causa di che fu costretto a non trattare le armi per alcuni giorni, durante i quali pigliato da impazienza, così comportando

Procopio, tom. II. 10