Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/253

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LIBRO SECONDO 243


CAPO XXV.

Re Teudeberto con truppa in Italia. Costoro armi, e travalicamento del Po a Ticino, città. Riti presso di loro, giusta Procopio, dell’antica superstizione. Scacciano Gotti e Romani dai rispettivi campi. Molti di essi rimangon vittime della dissenteria. — Lettera di Belisario a Teudeberto. Ritorno de’ Franchi alle case loro.

I. I Franchi intrattanto, all’adire le gottiche e le romane forze affievolite dalla presente guerra, levatisi in isperanza di potere a tutto bell’agio conquistare gran parte dell’Italia, mal comportavano lo starsene oziosi a rimirare che altri si disputassero tanto lungamente la signoria d’una regione vicinissima alla loro, senza intromettervisi eglino stessi colle proprie armi. Smenticati adunque i giuramenti co’ quali testè promesso aveano pace a’ Romani ed a’ Gotti (è dessa la più misleale di tutte le genti) ed affardellato all’istante in numero quasi di cento mila guerrieri prendon la via d’Italia sotto il condottiero Teudeberto. Pochi cavalieri, e questi soli armati di lancia seguivano il re; gli altri tutti eran fanti privi di arco e d’asta, ma avente ciascheduno spada, scudo e ferrea scure ben grossa, da ambe le estremità acutissima, ed accomandata a corto manico di legno. Dato il segno della pugna, al primo scontro e’ lanciano quest’arma per mettere in pezzi gli scudi nemici ed ucciderne le persone. Ora i Franchi superate le Alpi a confine del proprio suolo e dell’Italia procedettero nella Liguria. I Gotti offesi dalla costoro