Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/260

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250 GUERRE GOTTICHE

lor mali. Comunicati adunque i suoi pensamenti a Valeriano, questi lo assicurò che di leggieri condurrebbe a buon fine l’impresa, avendovi tra’ suoi militi parecchi Sclabeni, i quali appiattatisi chetamente sotto di angusto sasso o virgulto, e rimanendosi celati ai passeggieri, erano soliti ad attrappare qual si volevan nemico; ned altrimenti costoro adoperare presso del fiume Istro, ove hanno stanza, e contro i Romani, e contro gli altri barbari. Belisario lietamente uditone comandò che presto si desse mano all’opera, e quel duce uno trasceltone, robustissimo della persona e di esperimentato coraggio, gli promise a nome del supremo duce molto danaro, quando riuscisse a pigliare uom de’ nemici vivo. E quegli che sì, dicea, ed essere ben agevol cosa laddove il suolo vestivasi tuttavia d’erba, essendo gran pezza che i Gotti, consumata la vittuaglia, vi traevano di che cibarsi. Costui adunque d’assai buon mattino s’appressa al muro, e coperto da un arbuscello e raggricchiatosi nella sottoposta erba vi sta in agguato. Al primo albeggiar poi ecco inoltrare fin colà tal de’ Gotti e mettersi a segare il verde, non paventando sinistri dall’arbuscello, e solo gittando continui sguardi sul campo romano perchè altri non capitasse a molestarlo. Ma lo Sclabeno assalitolo all’improviso dagli omeri lo afferra, e strettolo a metà vita con ambe le mani lo conduce al campo, ove ne fa la consegna a Vateriano. Questi, donde, o prigioniero, gli dice, cotanta speranza ne’ Gotti, i quali avvegnachè estenuati di forze antepongono perseverantemente una disagiatissima vita al divenire nostri suggetti? L’altro palesò da imo a som-