Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/259

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LIBRO SECONDO 249

quale, datavi la preferenza su gli altri tutti, ve le ho affidate; v’è d’uopo quindi rispettare la bellissima opinione che godete presso di noi, quella intendomi di ritenervi il propugnacolo di Ravenna, e della nostra salvezza.» Vitige dato compimento alla lettera accommiatò il messo con largo dono, e costui giunto in Aussimo, e scolpalosi presso de’ suoi commilitoni della lunga assenza, pretestando che pigliato da malattia erasi dovuto riparare in un vicino tempio, si recò poscia alla fissatagli stazione, e da quivi all’insaputa dell’universale ricapitò ai nemici il foglio, per la cui pubblica lettura s’inanimì di guisa ognuno che sebbene alle strette colla fame non volle più arrendersi alle molto belle proposte ricevute dal supremo duce imperiale. Accertati di poi che nessun aiuto marciava da Ravenna a quella volta, ed assaliti ognor più gagliardamente dalla fame spediscono altra fiata Burcenzio al re loro con lettera in cui dichiaravansi laconicamente incapaci di tollerare la diffalta dei cibi al di là dei cinque giorni; costui portò, facendosi indietro, la risposta di Vitige, il quale non cessava animarli con le ordinarie speranze.

II. I Romani, per tornare ad essi, comportando a malincorpo in deserta regione un sì lungo assedio, eransi nella incertezza di proseguirlo, vedendo in ispecie i barbari, avvegnachè mal concj da tante sciagure, ostinatissimi nella difesa. Il perchè Belisario nulla ommetteva per avere nelle sue mani vivo qualche nemico de’ più ragguardevoli, sperando con ciò indagare donde originasse quella grandissima constanza in mezzo ai tanti