Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/273

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LIBRO SECONDO 263

di Belisario, e’ mai più avrebbon seco pattovito. Il condottiero imperiale fatto altresì consapevole che di tali duci andavano con diffamazione spargendo non voler egli dar fine alla guerra per sue viste particolari sulle imperiali faccende, raccoltili a parlamento tutti, e presenti eziandio Massimino e Domnico pigliò a dire. «È nota la grande volubilità della fortuna nelle armi, ed in ciò credo non iscontrare oppositori tra voi; è certo di più che molti rimasero ingannati dalla speranza destatasi negli animi loro di ottenere vittoria, ed altri apparentemente rovinati al tutto dai sofferti sinistri pervennero non di meno a debellare i proprj nemici. Laonde sono d’avviso che nelle deliberazioni intorno alla pace debbasi non solo riguardare ad una buona speranza, ma fare eziandio precedere ad ognuna di esse l’esame della sua incerta e diversa riuscita. Non altrimenti adunque passando le nostre cose ho estimato di ragunar voi, miei commilitoni, e questi imperiali ambasciadori, acciocchè raccolto il libero e comun voto su quanto vi parrà di maggior vantaggio per lo imperatore, non vogliate poscia, andando noi colla peggio, a me solo addossarne la colpa: essendo agli uomini pessimi costumanza di tener silenzio quando nulla vieta il proporre migliori deliberazioni, e quindi veggendosi mal parati movere lamentanze. Non ignorate i sentimenti di Augusto per rispetto della pace, non il desiderio di Vitige; e se questi a voi sembrano della comune utilità, il dica apertamente ognuno secondo l’animo suo. Per lo contrario ove giudichiate potersi da voi ridurre tutta l’Ita-