Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/276

Da Wikisource.
266 GUERRE GOTTICHE

Gli oratori adunque pensando ch’egli mai più fosse per rinunziare all’imperio, anzi tenendo questo il primo de’ suoi desiderj, esortanlo a prendere di colta seco la via in Ravenna. Il condottiero allora manda Bessa, Giovanni, Arazio e Narsete, avendoli suoi nimicissimi, chi qua, chi là colle truppe da loro capitanate, ordinando a ciascheduno di essi la provvista dell’occorrente vittuaglia, sotto fals’ombra d’essergli quivi fallito ogni mezzo di supplire a tutti l’annona: e queglino obbedienti si partono con Atanasio prefetto del pretorio venuto testè da Bizanzio. Dopo di che mosse col rimanente esercito e cogli ambasciadori alla volta di Ravenna, imposto dapprima ai vascelli che riempiuti di grano e di ogni altro bisogno della vita, collate immediatamente le vele afferrassero a Classe: dando i Romani siffatto nome ai borghi di quella città, dov’è il porto. Ora io nel mirare l’entrata delle imperiali truppe in Ravenna tutto concentravami nella considerazione che non umano sapere, non maggioranza di numero, non valore sono quelli da cui procedono e conduconsi a buon termine le imprese: ma il solo Nume dirigere le nostre menti e farle piegare laddove il minore ostacolo non abbia da trammettersi alla riuscita loro; conciossiachè i Gotti di gran lunga sì per lo numero come per le forze superiori de’ nemici, non menomati colla dimora in Ravenna, nulla infine sorvenuto loro da invilirne gli animi, ricevettero in pace il giogo da ben minori truppe, estimando non connettersi al nome di servaggio nota d’infamia. Le femmine per verità, che avevano prima inteso dai mariti essere i