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Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/303

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LIBRO TERZO 293

più lento passo lo raggiugnerebbe. Gittate adunque le sorti, ed essendo tutti in aspettazione e già quasi renitenti ad attendere gli accordi fatti, il giudizio della fortuna cadde sopra Giovanni, che di questo modo in compagnia de’ suoi dovè procedere il primo alla volta del nemico. I barbari all’udirne la venuta, abbandonato con prestezza e spavento il campo, fannosi a corsa e romore su d’un vicino e molto elevato colle. Giovanni avanzatosi, con piè veloce e pure seguendo il nemico, dà principio alla fazione, e nel bollore della mischia, i Gotti difendendosi coraggiosamente, or gli uni or gli altri vengono a viva forza rispinti, e molti da quinci e quindi ricoprendosi di gloria incontranvi morte. In questo mezzo nel mentre che il duce romano iva ad investire disordinatamente e con grandissimo strepito la schiera di contro, volle il caso che altra delle sue lance rimanesse vittima d’un dardo avventatogli da nemica mano, dopo di che gli assalitori di là ributtati tornano in fuga. Tutte le altre imperiali truppe erano di già attelate e pronte al primo comando a dare nella battaglia, il perchè se queste avessero accolto i fuggenti e insiem con essi fatto petto ai barbari, fuor d’ogni dubbio sarebbero uscite della zuffa vittoriose, ed avrebbero condotto seco prigioniera la maggior parte della opposta fazione. Ma non saprei per quale malauguroso destino tra loro divulgossi il falso grido della morte di Giovanni, in quello scaramugio, per opera d’un suo astato. La qual nuova propalatasi tra’ duci indusseli tutti a rompere l’ordinanza abbandonandosi a turpissima fuga, e di questa