Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/305

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LIBRO TERZO 295

in quel di Roma, fecesi di subito nella Campania e nel Sannio, ove di leggieri conquistata Benevento, città munita, la smantellò di muro, acciocchè le trappe in cammino da Bizanzio protette nelle scorribande loro da’ propugnacoli non molestassero i Gotti. Mandate in appresso generosissime proposte ai Napolitani per entrare in quella città guardata da Conone alla testa di mille imperiali ed Isauri, nè compiutosi l’intendimento suo divisò cingerla d’assedio; e postole non lungi il campo vi rimase egli stesso colla maggior parte dell’esercito. Spedite inoltre le rimanenti soldatesche alla volta di Cumano, castello, e degli altri guardinghi ne acquistò il possesso e gran quantità di danaro; volle di più non si facesse menomamente oltraggio alle mogli de’ senatori quivi rinvenute, ed accordando loro con ogni cortesia di raggiugnere libere i proprj mariti n’ebbe presso tutti i Romani grande rinomea di bontà e prudenza. Siccome poi non vedeva comparir uom de’ nemici a rattenerlo, così mandando tratto tratto piccole schiere all’intorno operava importantissime cose. Nè altrimenti egli sommise i Bruzj, i Lucani, gli Apuli ed i Calabri, riscosse i pubblici tributi, fe’ sue le rendite pecuniarie, spogliandone i signorotti, e ordinò il tutto come assoluto despota dell’Italia. Il perchè Giustiniano, sospesi nelle epoche determinate i soliti stipendj alle truppe, andava loro debitore di molto danaro, e gl’Italiani scioglievansi in acerbe doglianze vedendosi privi de’ suoi beni ed esposti a gravissimi perigli. L’esercito mostravasi ben meno di prima subordinato ai duci e si rimanea di buon grado entro