Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/313

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LIBRO TERZO 303

riceverne siccome da amici qualunque cosa difettasse loro. Trascorso molto tempo e proseguendo tuttavia contrario vento, provvedutili di cavalli, di somieri e di generoso viatico ne spaccia la partenza alla volta di Roma, dando loro a compagni individui trascelti dal fior de’ Gotti. Egli eziandio sen parte non appena atterrate quelle mura, e demolivale acciocchè i Romani tornando per bizzarria del fato al possesso della città più non travagliassero i Gotti combattendoli da munito luogo, dispostissimo anzi a tenzonare con essi in campagna aperta che ad esser bersaglio di furberie ed inganni: gittatane non di meno a terra la massima parte il di più lasciollo intatto.

II. A que’ dì tal de’ Romani originario della Calabria presentossi al re con querela di strupo violentemente commesso da altro de’ pretoriani di lui in onta d’una sua tenera pulzella. Totila ordinata la prigionia del reo ed avutane la confessione adoperava con zelo perchè la colpa riportasse il meritato gastigo. Laonde i più cospicui personaggi de’ barbari trepidanti d’una capitale condanna (essendo il milite infaticabile ed assai valente nella guerra) tosto fannosi, insiem raccolti, ad implorare mercede per l’offensore. Il re ascoltate con bontà e senza turbamento di sorta le istanze loro, pigliò a dire: «Entro in questo argomento, o commilitoni, non per indomabile moto di crudeltà, nè perchè mi dilettino le sciagure della mia gente; ma sì bene per un grandissimo timore che sopravvengano sinistri a tutti voi, sapendo pur troppo da molti travolgersi i nomi delle cose applicandovi un affatto contrario