Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/316

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306 GUERRE GOTTICHE

forte nel conculcare la disciplina commetteva enormi eccessi. Tutti gli Italiani erano fierissimamente travagliati da ambo gli eserciti, da quinci i Gotti privandoli delle terre loro, da quindi spogliandoli i Cesariani di ogni suppellettile, e ch’è peggio ancora senza cagione alcuna venivano percossi di bastone, e avendovene solo una mezza vedevansi condannati alla morte. I duci adunque non guarentiti dalle proprie truppe contro le ingiurie de’ nemici, e ben lontani dal vergognarsi del presente stato della repubblica destavano eglino stessi, vituperevolmente operando, negli animi italiani il desiderio del governo de’ barbari. A cumulo poi di tante sciagure lo sconsigliato Constanziano chiaro manifesta per lettera all’imperatore di non avere forze idonee a sostenere la gottica guerra, e gli altri capi quasi direi con pubblica deliberazione protestansi di comun consenso nel medesimo foglio del tutto contrarj al tentare nuovamente la sorte delle armi. Di tal guisa procedevano le cose degli Italiani.

II. Totila, per tornare a lui, scrisse di questi termini al senato romano: «Chiunque o per obblio, o imprudentemente è ingiurioso ai vicini merita perdono dagli offesi, la cagione della colpa assolvendolo in grandissima parte dall’accusa; ma se fa loro deliberato oltraggio e’ non avrà mezzo di purgarsi dalla reità, dovendosi imputargli ad una e l’azione ed anche il voler suo. Di questa guisa adunque camminando le cose, pigliate ad esaminare di qual maniera potrete giustificarvi dell’operato contro di noi. Addurrete