Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/341

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LIBRO TERZO 331

e manifestandogli che tra poco tornerebbero all’assalto esortanlo ad uscire pur egli in tempo con tutte le sue forze contro de’ Gotti; ma questi rifiutossi pur ora ad ogni cimento col nemico al di fuori. Gli altri non di meno fermi nel proposito di sorprendere i barbari con maggior numero di soldatesca tenevansi già pronti, quando un milite d’Innocenzo disertato al re de’ Gotti appalesógli che nel venturo giorno il presidio di Porto procederebbe a combatterlo; e questi pose in agguato ovunque divisò opportuno uomini bellicosissimi, nelle cui insidie il dì appresso incapparono e truppe e duci imperiali; di guisa che la massima parte v’ebbe morte in una a Valentino e Foca, ed i pochissimi campati dal pericolo ridussersi nuovamente a Porto.

II. Di quel tempo il romano pontefice Vigilio inviò a Roma dalla Sicilia, ov’e’ dimorava, moltissime navi cariche di frumento nella persuasione che ai conduttori di esse non fallirebbe mezzo di entrarvi; tuttavia quando il naviglio ebbe dirizzato le prore a quella volta i nemici addivenutine consapevoli, precedendolo di poco, giungono furtivamente nel porto, e mettonsi in agguato entro ai fossati delle mura a fine d’impossessarsene a tutto bell’agio non sì tosto arrivato. Se non che veduti dalle scolte a difesa del castello Porto, l’intero presidio ascende precipitoso ai merli, e coll’agitar delle vesti procura accennare ai marini di non farsi oltre, e volgere altrove, dovunque piacesse al fato, il corso loro. Ma quelli non compresi i segni, ed argomentando che le truppe colà rinchiuse tutte festanti e liete invitasserli ad afferrare, sollecitata la navigazione da