Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/372

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362 GUERRE GOTTICHE

fuga, presentatosi a Belisario chiedegli la permissione di un simulato disertare al nemico promettendone grandi vantaggi ai Romani, ed esaudito sen parte. Re Totila provò compita gioia per tale acquisto, avendo spesso udito e veduto il giovinetto valentissimo nei tenzoni da corpo a corpo; e possedendone due figli e la donna tra’ prigionieri accordògli di subito l’ultima ed uno de’ fanciulli, ritenendo il secondo in istatico; poscia con altri militi diressero a Spoleto dove nell’epoca in cui i Gotti eranne addivenuti padroni, abbandonata loro da Erodiano, aveano gittato a terra le mura, diligentemente chiuso tutti gli aditi dell’anfiteatro (cosi chiamano il luogo delle urbane cacce) postovi di contro e messovi a guardia nei dintorni un presidio, mescolanza di Gotti e disertori. Marciano quivi giunto persuade a taluno de’ suoi commilitoni di assisterlo nell’arduo cimento di aprirsi un varco al campo romano. Manda similmente di ascoso al duce delle milizie in Perugia manifestandogli la ordita trama, ed istigandolo ad inviar senza indugio truppe alla volta di Spoleto. Di que’ di poi comandavane il presidio l’unno Oldogendo successore di Cipriano ucciso insidiosamente, come ho già narrato, da una sua lancia. Questi v’aderì, e l’altro saputane la mossa con soldatesca, assistito da soli quindici guerrieri (tanti e non più indotti aveane a parteggiar seco), uccide all’istante Oldogendo, e spalancate le porte accoglie que’ di Perugia, i quali, spenta la maggior parte de’ nemici, trascinarono i fatti mancipj a Belisario.

II. Il condottiero di poi, bramando visitar Roma