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Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/405

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LIBRO TERZO 395

sace profferendo simiglianti discorsi e manifestandogli l’ordito in proposito con Artabano e Caranange lo invita a cospirare insieme contro la vita del signor suo. Il giovane, portovi orecchio, conturbatosi e quasi pigliato da vertigine, franco e libero protesta che mai nè egli nè suo padre verrebbero indotti a contaminarsi di così grave misfatto.

III. Arsace quindi riferisce ad Artabano l’esito del colloquio, e Giustino appalesa ordinatamente la faccenda al genitore; questi ne fa partecipe Marcello prefetto delle guardie palatine, addimandandogli ad una consiglio se debba informarne Giustiniano. Era Marcello personaggio gravissimo ed osservantissimo del silenzio, nullamente amico del danaro, alieno da ogni maniera di piacevolezze, accostumato a vivere anzichè splendida vita altra molto severa, ed affatto lontana dalle delizie; il vedevi di più zelantissimo del giusto ed assai amante della verità. Egli in allora distolse Germano dal comunicare a chicchesia il tradimento. «Male ti si addice, sono parole sue, il fartene disvelatore; imperocchè venendo tu a segreto colloquio con Augusto Artabano di colta n’avrà sospetto, ed ove Arsace con subitana fuga da noi sottraggasi il delitto rimarrà occulto. Non è poi mia costumanza di prestare incontanente fede a superfiziali esplorazioni, e di farne al monarca riferta. Piacemi averne a testimonj le mie proprie orecchie, o che tale de’ miei famigliari sia coll’opera vostra collocato là dove possa udire il colpevole a favellare intorno a queste mene.» Germano adunque comandò al figlio Giustino che si aoperasse nel dare