Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/424

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414 GUERRE GOTTICHE

altre porte, e nell’avviarsi frettolosi a Centumcelle caduti negli agguati rincontranvi morte; solo riuscì a ben pochi sottrarsi da quello sterminio, tra quali corre voce fosse Diogene, quantunque ferito.

III. Nell’esercito imperiale eravi un Paolo di nazione cilice, da principio maestro della casa Belisario; quindi condottiero delle genti in sella, e col prender parte alla spedizione italica preposto con Diogene al presidio romano. Costui espugnata la città si ritrasse di corsa con quattrocento cavalieri nella mole Adriana, ed occupò il ponte che mette al tempio dell’apostolo Pietro. Nel dì seguente ai primi albori la piccola guernigione assalita con impeto e sostenutasi valorosamente riportò vittoria facendo scempio de’ Gotti molti di numero sopra ben angusto terreno. Il re avvedutosene troncò di botto la pugna, ed impose alle truppe di attendarsi tranquille rimpetto alla mole, persuaso che la fame costringerebbe i rinchiusivi a deporre le armi. Paolo ed i quattrocento se la passarono giorno e notte digiuni; al nuovo dì si pensò ricorrere alle carni de’ cavalli, ma l’avversione al proposto cibo rattenneli fino a sera dall’usarne, avvegnachè nel massimo bisogno di nutrimento. In allora dopo lunga deliberazione venuti unanimi ad una eroica impresa risolverono per lo migliore che onorata morte desse pronto fine ai patimenti loro. Tutti adunque dispongonsi a fare con repentino assalto grandissima strage de’ Gotti, e compiere di questo modo gloriosamente la mortale carriera. Laonde senza punto indugiare passati a vicendevoli amplessi e baci mettonsi nell’estremo cammino, quasi che tutti e