Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/455

Da Wikisource.

LIBRO QUARTO 445

sersi unque da prima cimentati all’opera. Dopo la palude hannovi tosto sopra il lido i Gotti Tetrassiti de’ quali faceva or ora menzione. Più lunge stanziavano e Gotti e Visigotti e Vandali con quanti altri contavano gottica schiatta, ne’ tempi remoti detti Sciti dagli stessi paesani; tra essi eziandio viveano i nomati Sauromati o Melancleni, o altrimenti comunque. Si narra poi che in processo di tempo (se vogliamo prestar fede alla fama) alcuni giovani cimmerii si ponessero, cacciando, a perseguitare, instigati da bramosia di lode o di vittoria, se pur non ebbevi inspirazione dall’alto, una cerva fuggente balzata entro quelle acque, nè l’abbandonassero che pervenuti insiem con lei sull’opposta ripa. Quivi di subito scomparso l’oggetto, cui tenean dietro, qualunque e’ si fosse, nè altro a mio credere che un’apparizione apportatrice di mille sciagure a que’ miserandi terrazzani, i cacciatori vedutisi gabbati per riguardo alla preda opinarono presentatasi loro in iscambio dalla sorte opportunità di combattere e rapinare. Tornati quindi in patria divolgarono tra’ Cimmerii come le acque di colà prestassersi a facile guado, e tanto bastò perchè impugnate di netto le armi e’ valicassero nell’opposto continente, i Vandali essendone già migrati nell’Africa, ed i Visigotti nelle Spagne. Arrivativi assaliscono all’improvvista gli altri Gotti quivi rimasi, e fattane strage mettono il resto in fuga. Quanti poi giunsero a campare la vita partitisi con la prole e le donne, ricovrarono, traghettato l’Istro, in quel de’ Romani, dove addivenuti gravemente molesti agli abitatori non poterono soggiornare, e pigliata la via della Tracia occupa-