Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/479

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LIBRO QUARTO 469

vista, ma si vivesse mai sempre colle palpebre e sotto e sopra turpissimamente difformate. Chiusine pertanto gli occhi furongli trapassati i nepitelli dall’infuori con roventissimo ago di ferro onde privarli della naturale bellezza; solo mirando il paterno gastigo a farlo uscire d’ogni speranza del regnare, avendovi legge in Persia che ne rimove chiunque vada soggetto ad imperfezioni della persona, come scrivea negli antecedenti libri.

CAPO XI.

Fine della tregua. Scambievoli ambascerie. Fasto del reale ambasciadore Isdiguna. Il turcimanno Braducione morto da Cosroe. — Il muro di Petra, cinta d’assedio, minato indarno dagli imperiali. — Dei Sabiri chi favoreggiatore di Giustiniano, chi de’ Persiani. Leggierissima ariete, di nuova invenzione. Le truppe reali tentano d’incendiare colla nafta, detta altrimenti olio di Medea, le macchine approssimate alla città. Mirabile forza del vecchio Bessa maestro de’ militi. Persiani consunti dalle fiamme in una torre di legno. — La città apre le porte agli assediatori.

I. A tale scoglio ruppero la contraria fortuna ed il mal talento di Anatozado, e qui terminò l’anno quinto della tregua. Giustiniano Augusto allora spedì ambasciadore a Cosroe Pietro patrizio e maestro degli ufficii per dare pace a tutto l’Oriente; cui il re accommiatò colla promessa che seguirebbelo tosto alcuno de’ suoi a fine di conciliare le controversie in modo reciprocamente vantaggioso. Di fatti non guari tempo dopo tornò a mandare Isdiguna, uomo ampollosissimo, arro-