Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/485

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LIBRO QUARTO 475

compiè operando il resto dell’aringa. Egli avea oltrepassato gli anni settanta, e quantunque già logoro di forze fu il primo a salire. In allora e Medi e Romani pigliarono a combattere per modo valorosamente che d’altrettale esempio, a mio avviso, manca l’età nostra. Due mila e trecento erano i barbari, ed i Romani sei mila, e pressochè tutti o vi giuntarono la vita, o riportaronne ferite, ben pochi rimanendo entro la città illesi della persona. Imperterriti gli imperiali cimentavansi alla salita, ed i Persiani con grave travaglio ributtavanli giuso. Dopo gravissima perdita da ambe le parti avea il presidio per poco superato il pericolo, nè agli assalitori giovava lo spignersi animosamente su di lunghissime scale ed il combattere ad una col nemico dai merli, poichè in gran numero stramazzavano spenti. Lo stesso Bessa non fu esente dal venir precipitato abbasso; al quale sinistro elevatesi da tutti fortissime grida, i barbari aocchiatolo prosteso in terra lo fecero bersaglio de’ colpi loro; ma pronte le sue lance, armate di lorica e cimiero, attorniatolo riparavanne le membra cogli scudi, e ristrettesi insieme a’ suoi fianchi, e formatavi sopra un testuggine adoperavano possentemente a guarentirlo dalle offese; veniva intanto gran fracasso dai dardi senza posa diretti a quella volta, e su per gli scudi e le altre armature spezzantisi. Ognuno faceva scempio di sè colle grida, coll’incessante anelito e colla fatica: di più tutto intento l’esercito alla conservazione del proprio duce infrenava i barbari avventando frecce a nembo lor contro. Bessa in questa sentendosi aggravato dal corsa-