Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/519

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LIBRO QUARTO 509


CAPO XIX.

I Romani servi presso de’ Cuturguri tornano, fuggendo, liberi. I Cuturguri udita la strage de’ loro compagni vengono a patti con Giustiniano, e ne hanno tracico suolo. Querimonie di Sandilo, capo degli Uturguri, per l’imperiale ordinamento.

I. Nella tenzone, come ho detto, in tra prefati barbari, mentre andava crescendo il pericolo delle armi la fortuna maravigliosamente si dichiarò pe’ Romani; conciossiachè tutti i prigionieri in mano dei Cuturguri, il qual numero si vuole ascendesse a più miriadi, nel trambusto della pugna dimenticati, con precipitosa fuga e liberi da ogni molestia ricomparvero in patria, di questo modo raccogliendo grandissimo frutto dall’altrui vittoria. Giustiniano Augusto poi mandò l’ambasciadore Arazio ad informare Chinialo e gli altri Unni dell’avvenuto nella patria loro, ed a persuaderli, in forza di molto danaro, che abbandonassero tosto le romane frontiere. Queglino, udito l’assalimento degli Uturguri e lieti dell’oro in copia di cui era apportatore il messo, promisero astenersi per l’avvenire da nuove stragi, dall’imprigionare e da altra molestia comunque, portandosi da veri amici cogli abitatori di quella regione. Fu statuito parimente che ov’e’ potessero tornare e rimanere nel patrio suolo terrebbonsi ognora in fede co’ Romani; se poi venissero colà impediti di vivere tranquillamente l’imperatore darebbe loro nella Tracia un asilo perchè, sempre obbligati all’osservanza delle fatte conversioni, veglino di concordia co’ suoi alla difesa