Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/521

Da Wikisource.

LIBRO QUARTO 511

dilo udivalo da miei maggiori, accennandosi per indiretta via con esso un che bellamente adatto all’uomo. Ammaestrato inoltre da miei occhi so di molte cose, le quali mi fu d’uopo apprendere abitando alla foggia di noi barbari la campagna. Dai pastori vengon raccolti i lattanti cucciolini e cresciuti accuratamente nelle capanne; il cane poscia, memore del beneficio, mostrasi grato al suo nutricatore, e questi si adopera coll’accorgimento che ove dai lupi venga molestato l’ovile, quello postovi a guardia ne respinga le offese; nè dubito accadere da per tutto lo stesso, conciossiachè non havvi esempio di cani insidiatori della greggia, nè di lupi guardiani di lei, come se legge di natura siffattamente abbia ordinate le faccende tra cani, greggia e lupi; sono quindi ben persuaso dell’egual maniera procedere le cose nel tuo imperio a dovizia provveduto di tutto, e forse anche di quanto allontanasi dalla comune saputa. Ora se cado in abbaglio palesalo a’ miei ambasciadori bramando, avvegnachè sullo scorcio della vita, l’acquisto di straordinarie cognizioni. Se poi la prudentissima natura dello stesso modo ebbe stabilito da per tutto sue leggi, penso che a te disconvenga l’accordare ospitalità ai Cuturguri, procurandoti una turpe vicinanza, e dando ricetto a coloro che non potesti comportare di là da tuoi confini e ben lontani da essi; nè guari andrà in fe’ mia che a’ Romani addivengane palese l’orribile tempra. Se poi e’ ripiglino a nemicarsi teco, ognor più li avrai perversi nella speranza che pur vinti sieno per conseguire sorte mi-