Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/550

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540 GUERRE GOTTICHE

Gepidi, che violatori de’ patti condotto aveano di qua dall’Istro una caterva di Sclabeni a guastare il suolo romano. Queste truppe capitavavansi da Giustino e Giustiniano, prole di Germano, da Arazio e Suartua già dichiarato dall’imperatore monarca degli Eruli; ma costretto quindi a partirne dalla ribellione dei tornati dall’isola Tule, come scrissi ne’ precedenti libri, riparò in Bisanzio, dove fu eletto a maestro de’ militi quivi a stanza. Intra que’ duci aveavi parimente Amalafrido di gottica schiatta, per donna nipote di Amalafrida sorella di Teuderico re de’ Gotti, e figlio di Ermenefrido re de’ Toringii. Costui mandato da Belisario in Bizanzio con Vitige fuvvi creato duce dei Romani, e sposò ad Auduino re de’ Langobardi una sorella. Ora di quell’esercito il solo Amalafrido colle sue truppe arrivò presso de’ confederati, rimasi gli altri tutti per comando imperiale ad Ulpiana, città dell’Illirico, per quietarvi un tumulto nato da religiose controversie de’ Cristiani, argomento propostomi di trattare in altri libri. L’esercito langobardo adunque con Amalafrido arrivato alle frontiere de’ Gepidi sconfigge in ostinatissima battaglia quanti contrastavangli il passo uccidendone, come suona la fama, pur molti. Re Auduino allora spedisce a Giustiniano alcuni de’ suoi col lieto annunzio della nemica strage e con forti lamentanze ad un tempo di non averne ricevuto, giusta gli accordi, aiuti di truppe, sebbene i Langobardi essersi recati colle proprie armi a soccorrere Narsete in campo contro a Totila ed a’ Gotti. Non altrimenti correvano quelle bisogne.