Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/561

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LIBRO QUARTO 551

dugiate là entro? Affè di Dio che sì operando v’appalesate gia caduti di quel vostro coraggio ed imbelli guastatori con rozzo barbaro stuolo di una regione che nullamente v’appartiene. Impugnate in cambio le armi, e presentatevi a queste mura onde non rimangan più a lungo sospese le nostre speranze, bramosissimi da gran pezza di vedervi». Così la scritta, e Narsete, molto risosi della gottica anfania subito mosse con tutto l’esercito, fidando Ravenna ad un presidio sotto gli ordini di Giustino. In vicinanza ad Arimino scontransi ad un malagevol passo, tagliato avendo poco innanzi il nemico ambe le teste del ponte, di guisa che a grave disagio avrebbero potuto valicare un solo inerme pedone, e non disturbato comunque nella sua impresa; rendevasi quindi ostacolo vie più insuperabile a schiere di tutto punto armate e da nemica forza combattute di fronte. Laonde l’imperial condottiero procedutovi con debole scorta assai tempo fu sopra nè sovvenendogli mezzo per trarsi da quell’impaccio.

II. Ecco intanto arrivare Usdrila con turma di cavalieri bramoso di conoscere l’operato da suoi. Tale de’ Romani, allora, intassato l’arco, avventò una saetta, la quale profondamente piagando il corpo d’un barbaro tosto il fece cadavere. Poscia il Gotto ritrattosi di là tornò ad Arimini, e chiamati di subito alle armi altri dei più coraggiosi militi condusseli di carriera, spalancata una delle porte, contro a Narsete sperando sconfiggerlo con forte e repentino assalimento, sapendolo già sull’opposto margine del fiume in traccia