Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/584

Da Wikisource.
574 GUERRE GOTTICHE

de’ patrizii e sceltine dal numero trecento, i più belli e forti della persona, tenneli seco per istatichi mentendo co’ loro genitori di volerli presso di sè come suoi paggi; mandati per tanto di là dal fiume Po, e rinvenutivi ora da Teia furono tutti per comandamento di lui messi a morte.

II. Di quel tempo il gottico Ragnari prefetto della guernigione tarentina, il quale ottenuto avea coll’imperiale consenso un salvocondotto da Pacurio1, come altrove ho narrato, dichiarandosi pronto a dare sè stesso e la città nelle mani degli imperiali e per arra della sua parola consegnando in ostaggio sei Gotti, quando intese eletto a re Teia, costui chiamare in aiuto i Franchi ed essere dispostissimo a proseguire la guerra contro l’impero opponendogli numerose truppe, cangiò consiglio, nè più volle sapere di attendere la promessa macchinando in vece nell’animo suo inganni, e bramosissimo di ricuperare gli statichi escogita la seguente frode. Manda pregando in suo nome Pacurio d’una scorta di truppa romana per trasferirsi con sicurezza maggiore ad Idrunte e da quivi, navigato il seno Ionico, pigliare la via di Bizanzio. L’altro per nulla in sospetto di lui spediscegli cinquanta militi, i quali non appena arrivati vengono introdotti e rinchiusi nel castello, e quindi riceve dal fellone l’annunzio che se brama riavere sua gente è uopo renda i gottici ostaggi; laonde, fidato Idrunte a un debole presidio, marcia col resto delle truppe a farne vendetta. Ragnari allora, morti senz’indugio i cinquanta, muove da Taranto per attaccare

  1. Prefetto d’Idrunte.