Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/65

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LIBRO PRIMO 57

mali, sfogò la sua bile contro Asclepiodoto, ma costui rispondeagli: «Non poni mente, o uomo illustre, che ci tributi lode con quel tuo rimprocciare la nostra benevolenza ai Gotti, imperocchè nessuno all’infuori d’un animo costante prenderà mai a parteggiare co’ suoi pericolanti padroni. Nè v’ha dubbio che i vincitori mi troveranno mai sempre fermo nel difendere la repubblica loro come sperimentarommi già nemico, sendo incontrastabile che un animo di sua natura fedele non cangia col variare della fortuna. Ma tu, ove le nostre vicende seguito avessero un differente corso, all’accostarsi di gente quantunque ne avresti di subito accolto le offerte condizioni, non potendo a meno chi ebbe in sorte dalla natura l’incostanza di rompere al primo timore la fede giurata ben anche ai suoi più cordiali amici.» Così egli; se non che in partendosi di là i Napoletani, vedutolo, accorsero in frotta, e chiamandolo autore di tutti i presenti lor mali, non cessarono dagli oltraggi che quando l’ebbero morto e fattone in brani il corpo. Entrati quindi in casa Pastore e cominciato a cercarlo, i servi attestavanne la morte; non datasi fede alla testimonianza loro, e’ mostraronne il cadavere, e queglino pigliatolo andarono ad appiccarlo per la gola nel borgo. Pregato di poi Belisario che dimenticasse quanto e’ operarono nel bollore dello sdegno, ebberne grazia e partironsi. Di tal modo i Napoletani uscirono de’ sofferti guai.