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Pagina:Opere matematiche (Cremona) I.djvu/273

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trattato di prospettiva — rilievo. 259


Questa domanda costituisce un bel problema di geometria, indipendentemente dalle sue applicazioni all’arte del basso rilievo. Sarebbe assai interessante il poter rinvenire, in qualche scritto de’ celebri scultori che hanno seguìto Ghiberti nella sua felice innovazione, almeno un cenno delle regole ch’essi osservavano per isciogliere praticamente il problema. Ma sgraziatamente essi non ne fanno parola. Ghiberti aveva scritto un trattato sulla scultura, ov’è verosimile ch’ei dichiarasse alcune regole pratiche; ma quell’opera rimase manoscritta. Si dice che ne esista ancora una copia in una biblioteca di Firenze. Facciamo voti perch’essa richiami a sè l’attenzione del governo o di alcuno zelante cultore delle arti e della scienza...„

Il primo scritto in cui troviamo alcune regole per la costruzione de’ bassi rilievi è di Bosse (1648), il quale le aveva probabilmente ricevute dal celebre Desargues. Un altro scritto sui bassi rilievi fu publicato un secolo più tardi da Petitot a Parma. Ma le regole succinte di Bosse e di Petitot erano incomplete ne’ principj e nell’applicazione, e non formavano una teoria de’ bassi rilievi. Il primo libro, a nostra saputa, nel quale la cosa sia stata considerata sotto l’aspetto geometrico, benchè ancora esclusivamente pratico, è il Saggio sulla prospettiva dei rilievi di Breysig (1792).

“In seguito, il problema de’ bassi rilievi è stato trattato, sebbene per incidenza e con brevità, in un’opera di pura geometria, con quella precisione e con quella chiarezza che sono proprie delle teorie matematiche considerate in tutta la loro generalità e in quel grado d’astrazione che loro spetta. Alludiamo al Traité des propriétés projectives des figures dell’illustre Poncelet (1822). L’autore mirando ad applicare alle figure a tre dimensioni il metodo desunto dai principj della prospettiva lineare per la dimostrazione delle proprietà delle figure piane, imaginò un processo analogo di deformazione delle figure a tre dimensioni, ch’egli chiamò teoria delle figure omologiche o prospettiva in rilievo.

In queste figure i punti si corrispondono a due a due, e sono su rette concorrenti in uno stesso punto, chiamato centro di omologia; a rette corrispondono rette, e per conseguenza piani a piani; due rette o due piani corrispondenti si intersecano mutuamente sopra un piano invariabile, detto piano d’omologia.

Dopo aver fatto uso assai esteso di questo metodo, come mezzo di prova e di ricerca in geometria razionale, il signor Poncelet mette in chiaro che due figure omologiche riuniscono tutte le condizioni da osservarsi nella costruzione de’ bassi rilievi e nelle decorazioni teatrali. E l’autore finisce con queste parole: “nous laisserons aux artistes instruits le soin de développer ces idées de la manière convenable, pour les mettre à la portée du grand nombre de ceux qui exécutent„.

Tuttavia non era quest’opera riserbata agli artisti propriamente detti, qualunque fosse il loro merito, poichè essa esigeva necessariamente il geometra abituato alle