Pagina:Opere scelte di Ugo Foscolo I.djvu/112

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rorò contro Socrate, e trecento Ateniesi lo condannarono, e la sapienza fuggì dal governo, e l’eloquenza ammutì, e Atene fu serva dei retori che fecero esiliare tutti i filosofi1, e Italia pure li vide espulsi quando Domiziano insigniva un retore del consolato2, il retore Quintiliano che nelle Istituzioni ov’ ei predica la lealtà indispensabile agli oratori, parlando di Domiziano, di quell’ingrato insidiatore di Tito, di quell’invido tiranno d’ogni virtù, di quel carnefice industrioso, lo chiama «censore santissimo de’ costumi, e in tutto e nelle lettere eminentissimo3».

XV. Così l’arte andò deturpando sino a’ dì nostri le lettere: non però valse ad annientare il decreto della natura che le destinò ministre delle immagini, degli affetti e della ragione dell’uomo. E mentre Isocrate pronunziava dopo dieci anni di squisitissima industria un panegirico della repubblica, ove intendendo d’esaltarla con l’eloquenza vituperavala col raziocinio4; e mentre verseggiatori e sofisti traffi-

  1. Vedi Bruckero, Stor. filosof. alla vita di Teofrasto; e l’Enciclopedia, articolo Aristotelisme.
  2. Tacito, Vita d’Agricola sul principio; Svetonio in Domiziano: ed Enrico Dodwello Annales Quintilianei.
  3. Instit. Orat. lib. IV, nel proemio.
  4. In quell'orazione Isocrate piantò per assioma che l’e-