Pagina:Opere scelte di Ugo Foscolo I.djvu/218

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tuisse co’suoi calunniatori, si confessasse colpevole, chiedesse perdono al comune. Ecco qual fu la risposta, che in tale occorrenza Dante indirizzò ad uno de’ suoi parenti da lui appellato «Padre» forse perchè era chcrico, o più propabilmente perchè era più vecchio del poeta.

XVII. «Per le lettere vostre con debita reverenza ed affetto ricevute, e con diligenza considerate, ho potuto comprendere con quanto umore procacciate di rimettermi in patria; conciosiacosachè tanto più strettamente mi avete obbligato, quanto più di raro avviene, che esuli trovino amici. A che se io non risponderò per avventura di quella forma, che forse si vorrebbe la pusillanimità di taluni, con istanza richieggo vogliate, prima che dar giù


    alcun vero o ignoto, o avente faccia di menzogna; e questo non vergogna mai ma diè sempre le più belle corone agli scrittori generosi. E tornando finalmente a Dante, che persistesse ad allargare il senso di que’ suoi versi; verrebbe a mostrarci in quell’acerrimo assertore del vero un uomo del volgo, che dissimula quante verità non promuovono il proprio vantaggio, e nello scrittore filosofo curante solo il vero, l’onesto e il bene dell’umanità, posposto ogni personale rispetto, un roco mormoratore di corte, sollecito unicamente di blandire l’orecchio del suo signore, uno cui

    Falsus honor juvat, et mendax infamia terret.