Spendea parole, nè gli usciano in fallo.
Quindi sorgea quell’Itacense, e stava
Da pria con gli occhi attoniti alla terra 240Tacito; nè facea gesto di scettro
Innanzi o indietro, e lo impugnava immoto,
Come il rustico suole; e tu il credevi
Bizzarro d’ira che vaneggi e adombri;
Ma al primo suon onde la voce a un tratto 245Gli scoppiava dal petto; e alle sentenze
Che succedeano a vortici di neve,
Chi più stavagli a fronte? a chi l’udiva
Strano il sembiante non parea d’Ulisse.
Ma e lui, che il capo e gli omeri eminente 250Tien sovra i Greci, e non fa passo, e guarda,
Chiese ad Elena il re, di’ come il nomi?
Rispose: Padre, quel sì alto è Aiace,
Scudo al popolo Acheo. L’altro che tanti
Cretensi duci a sè d’intorno aduna, 255Nume il diresti, è Idomeneo. Sovente
A noi giunse da Creta, e Menelao
Gli dava ospizio i nostri tetti. Io veggio
Molti guerrier de’ quai rimembro il volto,
Rimembro i numi; soli due non veggio. 260Io miro invan per Castore divino
Domator di cavalli; e ov’è Polluce
Pugillator divino? E pur fratelli
Son miei, son figli della madre mia.
Or che ogni eroe qui pugna, amano i lieti