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104 discorso storico


§ 7.


Della sorte de’ figli di Carlomanno.


«Cosa poi avvenisse di questi principi, lo tace la storia, verosimilmente per non rivelare un fatto che tornava in discredito di esso Carlo, cioè la sua poca umanità verso gl’innocenti nipoti.» Così il Muratori; e, prima e dopo di lui, molt’altri scrittori hanno fatto intendere che sotto questo silenzio sospettavano qualcosa d’atroce e di misterioso 1. Ma il silenzio di que’ cronisti, anche sui personaggi più importanti, è troppo frequente e comune, per esser significante: chi lo volesse interpretar sempre, avrebbe un gran da fare; tante cose hanno lasciato fuori! Che se in questo caso avessero avuta l’intenzione d’abbuiare un fatto disonorevole per Carlo, perchè avrebbero raccontato che Gerberga si mise, co’ figli, nelle sue mani? Non eran poi tanto barbari, da non vedere che il miglior mezzo per far dimenticare qualcheduno, è di non parlarne punto.


CAPITOLO II




SE AL TEMPO DELL’INVASIONE DI CARLOMAGNO
I LONGOBARDI E GL’ITALIANI FORMASSERO UN POPOLO SOLO


Due popoli viventi nello stesso paese, e diversi di nome, di lingua, di vestiario, d’interessi, e in parte di leggi, tale è lo stato in cui, per un tempo, nè definito, nè definibile, si trovò quasi tutta l’Europa, dopo l’invasioni e gli stabilimenti de’ Barbari. Le relazioni che dovettero formarsi e sussister tra queste due così differenti, e soprattutto così disuguali società; relazioni fondate per tutto sur un fatto dello stesso genere, la conquista, e nello stesso tempo variamente modificate, nei vari paesi, da infinite circostanze speciali; furono certamente una delle cose più importanti e più caratteristiche d’un tal tempo; e, non meno certamente, anzi per necessità, una delle più manifeste. E con tutto ciò è questo uno de’ punti più oscuri, più ignorati, più trascurati della storia. I cronisti del medio evo raccontano per lo più i soli avvenimenti principali o straordinari, e fanno la storia del solo popolo conquistatore, e qualche volta de’ soli re e de’ personaggi primari di quel popolo. Delle sue relazioni coi conquistati, dello stato di questi, non parlano quasi mai di proposito; e, quando lo fanno occasionalmente, le formole di cui si servono sono per lo più rapide, originali, speciali: si vede che avevano un significato chiaro, e, per dir così, un valor corrente, che per noi è perso; e sono più proprie a somministrare un soggetto di discussione, che uno schia-

  1. Murat. An. 774. — Giannone, Ist. Civ., lib. 5, cap. 4. — Carli, Antich. It., parte III, pag. 224. — Zanetti, del regno de’ Longobardi, lib. 6, § 68. - Antich. longob. mil., diss. 1, § 57; ed altri.