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capitolo quarto 163

che i Longobardi avessero le loro leggi, come l’avevano appunto i Burgundioni, gli Alamanni, i Baioari e altre nazioni soggette al suo dominio? Nasceva, o per il corso naturale delle cose, o anche per ragione del novo stabilimento, il bisogno di far cambiamenti o aggiunto alle leggi longobardiche rimaste in vigore? C’era anche il ripiego naturale, consueto, perpetuo di far nove leggi su que’ diversi punti; e così fecero infatti i re carolingi, e Carlo per il primo. Il Giannone stesso nota il fatto: ma, cosa alquanto singolare, ci vede un novo argomento dell’eminenza dell’antiche leggi: «non pur le confermò, ma volle al corpo delle medesime aggiungerne altre proprie.» Rimasero dunque come tant’altre, per non dire come tutte l’altre; ma per essere accresciuto e derogato in parte dalle leggi che vennero dopo, e infine mescolato e, per dir così, perse nella folla degli statuti comunali, delle leggi romane diventato diritto comune, degli editti d’ogni genere e di diverse autorità, aumentati all’infinito: fatto anche questo quasi universale in Europa. Questa moltiplicità, e quindi confusione e incertezza di leggi, fu appunto uno de’ principali motivi che fecero, in tempi vicinissimi al nostro, desiderare e chiedere la riforma, generale delle legislazioni. E nello stesso tempo, n’era un mezzo: giacchè la quantità, la varietà, lo sminuzzamento di tutti que’ provvedimenti, l’interpretazioni e i ragionamenti teoretici fatteci sopra, prestavano la materia e l’aiuto a concetti generali e sistematici. Motivo e mezzo che mancavano ai barbari.

A chiunque poi abbia letta la storia del Giannone parrà singolare anche il vedere che pretenda cavare un’induzione sullo stato morale d’un popolo dalla bontà delle leggi: cosa che doveva essere per lui la più ordinaria di questo mondo. Basta vedere come qualifichi quelle de’ diversi principi che, dopo i Longobardi e l’impero greco, dominarono, o in parte o in tutto, il paese di cui scrive la storia, Tros Rutulusve fuat; 1: normanni, svevi, angioini, aragonesi, spagnoli. Roberto Guiscardo e suo fratello Ruggiero introdussero alcune lodevoli Consuetudini; 2; Ruggiero, conte, poi re, di Sicilia, dopo avere stabilito il suo Regno, lo riordinò con sì provide ed utili leggi 3; quelle di Guglielmo I, ancorchè alcune sembrassero gravose a’ suoi sudditi per l’avidità di accumular tesori, nulladimanco tutte l’altre furono assai provide ed utili 4; Guglielmo II, tutte sagge e prudenti 5; Federigo II imperatore, molte saggie ed utili leggi 6; Carlo d’Angiò, nuove leggi, nelle quali si danno molti lodevoli e saggi provvedimenti 7; Carlo II, molti utili provvedimenti 8; Roberto, molte utili, e savie leggi 9; Ferdinando I, provide e sagge leggi 10; Ferdinando II, leggi savie e prudenti 11; Federigo, ultimo degli Aragonesi, savie e prudenti leggi 12. I vicerè spagnoli poi, meglio che mai. Il conto di Ripacorsa ne stabilì alcune savie e prudenti 13; il duca d’Alcalà ne stabilì moltissime tutte sagge e prudenti 14; il cardinal di Granvela, 40 Prammatiche tutte sagge e prudenti 15; il marchese di Mondejar, ventiquattro, nelle quali si leggono più provvedimenti molto saggi e commendabili 16; il principe di Pietrapersia, intorno a trentatre, ricolme di savii provvedimenti 17. E lasciandone da parte alcuni, per cui l’elogio è leggerissimamente variato: ce ne sono, se abbiamo contato bene, otto altri, per qualificar le leggi

  1. Virg. Aen. X, 108.
  2. Ist. Civ. Lib. 11, Cap. 5.
  3. Ibid.
  4. Lib. 12, Cap. Ult.
  5. Lib. 13, Cap. 2.
  6. Lib. 17, Cap. 4.
  7. Lib. 20, Cap. Ult.,§ 1.
  8. Ibid.§ 2.
  9. Ibid.§ 4.
  10. Lib. 28, Cap. 2
  11. Lib. 29, Cap. 2.
  12. Ibid. Cap. 4.
  13. Lib. 30, Cap. 5.
  14. Lib. 33, Cap. Ult.
  15. Lib. 31, Cap. I.
  16. Ibid. Cap. 2.
  17. Ibid. Cap. 3,§ 3.