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624 appendice alla relazione

troppo lungo tempo. Se non abbiamo mal compreso il pensiero del nostro Presidente, non si tratta qui dell’intiero Dizionario della lingua ad uso delle persone di lettere; ma d’una raccolta sufficientemente compita e da potersi successivamente ampliare, delle parole, e sopratutto dei modi, che presi dalla lingua vivente, servono all’uso giornaliero di tutte le persone civili. Ora noi possediamo già vocabolari, dove insieme con la lingua più propria dei libri, son registrati vocaboli, costrutti e maniere cavate dalla lingua viva, e da potere costituire veramente la favella generale d’Italia.

Da questi documenti è facile, procedendo per eliminazione, cavare la vera lingua parlata e da parlarsi, aggiungendo a schiarimento ed ajuto alcune brevi dichiarazioni e frasi opportunamente scelte da Toscani periti del parlare nativo non illustre e non plebeo: a guisa che è stato fatto, e a noi può servire d’esempio, dall’Accademia di Francia.

Primo fra questi documenti noi teniamo il nuovo Vocabolario della Crusca. Spiacevole cosa è certamente che di quest’opera non si abbia più che le due prime lettere; ma in questi due volumi è già un tesoro di modi vivi e sinceri, che saranno una buona messe pel vocabolario desiderato.....

Abbiamo poi due vocabolarj del signor Fanfani: abbiamo già condotto molto innanzi il Dizionario compilato dal Tommaseo e dal Bellini; abbiamo altri libri che trattano specialmente del linguaggio di certe arti: e da tutte queste fonti, come dalla perizia di chi attende alla compilazione di un Vocabolario usuale, non sarà (ripetiamo) nè malagevole, nè lunga opera attingere quella che possa divenire lingua comune italiana.»

Qui, per arrivare a stabilire i termini della questione, è necessario un breve schiarimento intorno a due punti.

L’illustre relatore di Firenze suppose, come s’è potuto vedere, che nella relazione di Milano non si tratti dell’intero Dizionario della lingua, e che questo deva essere un tutt’altro lavoro, a uso delle persone di Lettere.

In quanto al primo, non si può a meno di non avvertire che, affermando, come s’è fatto nell’accennata Relazione, che «una lingua è quanto dire una lingua intera»; anzi col solo adoprare in senso assoluto i termini di «lingua» e di «vocabolario», s’è inteso veramente di significare un intero vocabolario d’una lingua intera.

In quanto al secondo, l’autore della Relazione suddetta, col rammarico di doversi opporre così apertamente a persone, con le quali gli sarebbe non meno grata che onorevole ogni occasione di poter consentire, è costretto a dichiarare che, lungi dal supporre che ci possa essere un intiero dizionario della lingua, a uso particolare delle persone di lettere, come richiede evidentemente il senso del passo citato, crede che un tale concetto non possa altro, che far perdere di vista cosa sia in fatto una vera lingua, e per conseguenza quale abbia a essere il suo vero vocabolario; e quindi crede che, se un tal concetto venisse adottato generalmente, si dovrebbe abbandonare anche la speranza d’avere il vocabolario della lingua intera, del quale l’Italia abbisogna; crede, che il criterio logico per comporre tal vocabolario, si deva prendere dal fatto che costituisce una lingua qualunque e nel tutto e in ogni sua parte, quale è l’Uso.

Ogni lingua infatti è un composto di vocaboli e di modi di dire, che si possono mutare, dal primo fino all’ultimo, e si vanno effettivamente mutando, a poco a poco, s’intende. E nondimeno ogni lingua è una; tanto che può avere e ha un suo nome proprio, con cui si distingue dall’altre. E perchè ciò possa avvenire, come avviene, è di stretta necessità, che in