Pagina:Opere varie (Manzoni).djvu/732

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726 l’ira di apollo

     Se a la Cortina delfica
     Il vel non tenta de le sorti oscure?
     Quale è il nocchier che sciolga al vento i lini
     56Pria di far sacrificio ai Dei marini?

Voi, se Fortuna a noi concede il crine
     O volge il calvo, amabile
     E perenne argomento ai canti nostri.
     60Così le greche genti e le latine
     Voi regnator cantavano
     E degli olimpi e dei tartarei chiostri.
     E, noi che in voi crediamo al par di loro,
     64Non sacreremo a voi le cetre d’oro?

Sommo Tonante, occhi-bendato Arciero,
     De la donzella Sicula
     Buon rapitor, che regno hai sovra l’ombre,
     68Tu che dal suolo uscir festi il destriero,
     Giunon, Gradivo e Venere,
     Tu che il virgineo crin d’ulivo adombre;
     Io per me mi protesto, o Numi santi,
     72Umilissimo servo a tutti quanti.

Fa luogo, o biondo Nume, al mio riclamo;
     Non render risponsabile,
     Per un sol che peccò, tutto un paese:
     76Lascia tranquilli noi, che rei non siamo;
     E le misure energiche
     Sol contra l’empio schernitor sien prese.»
     Tacqui, e m’accorsi al suo placato aspetto,
     80Che il biondo Dio gustava il mio progetto.

Lo stral ripose nel turcasso, e disse:
     «Poichè quest’empio attentasi
     Esercitar le nostre arti canore,
     84Queste orribili pene a lui sien fisse: