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atto quarto. 77

                       svarto.
                         Guntigi, ascolta.
Fedel del Re de’ Franchi io qui favello
A un suo Fedel; ma Longobardo pure
A un Longobardo. I patti suoi, lo credo,
Carlo terrà; ma non è forse il meglio
Esser cinti d’amici? in una folla
Di salvati da noi?

                       guntigi.
                         Fiducia, o Svarto,
Per fiducia ti rendo. Il dì che Carlo
Senza sospetto regnerà, che un brando
Non resterà che non gli sia devoto....
Guardiamci da quel dì! Ma se gli sfugge
Un nemico, e respira, e questo novo
Regno minaccia, non temer che sia
Posto in non cal chi glielo diede in mano.

                       svarto.
Saggio tu parli e schietto. - Odi: per noi
Sola via di salute era pur quella
Su cui corriamo; ma d’inciampi è sparsa
E d’insidie: il vedrai. Tristo a chi solo
Farla vorrà. - Poi che la sorte in questa
Ora solenne qui ci unì, ci elesse
All’opera compagni ed al periglio
Di questa notte, che obbliata mai
Da noi non fia, stringiamo un patto, ad ambo
Patto di vita: Sulla tua fortuna
Io di vegliar prometto; i tuoi nemici
Saranno i miei.

                       guntigi.
                      La tua parola, o Svarto,
Prendo, e la mia ti fermo.

                       svarto.
                                In vita e in morte.

                       guntigi.
Pegno la destra.
      (gli porge la destra: Svarto la stringe)
                      Al re de’ Franchi, amico,
Reca l’omaggio mio.

                       svarto.
                         Doman!