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la cena.
Involontariamente abbassai la testa e rattenni il cavallo.
Il paesaggio era solenne, l'ora severa.
In quel momento nessuno passava per la strada.
Un tumulto di memorie, di pensieri, di sentimenti mi sopraffece. La via Emilia immensa e vuota mi si allungava davanti: non un rumore passava nella sera, non una forma saliva dai campi. Il cielo plumbeo sembrava aver perduto persino il ricordo degli astri, sulla terra bruna erano cessati tutti i colori ed i moti della vita. Una inerzia crepuscolare copriva la natura arrestandone l'infinita instancabile varietà; e la via Emilia aperta per essa da una storia di quasi tre mill'anni, altrettanto nuda e deserta, pareva annunciare che anche la storia era finita. Una stessa sera conchiudeva le date dello spirito e i giorni della materia, le epoche della terra e i secoli della civiltà.
Ero solo, ero l'ultimo.
Quanti popoli, quanti individui, quante vicende erano passate per quella strada! Quanti mutamenti di natura intorno ad essa e nullameno quanta immutabilità nel paesaggio, dacchè il primo sguardo lo consegnò alla prima memoria! I colli erano sempre gli stessi: la natura vi si era destata nella primavera ai medesimi venti, ornandosi dei medesimi fiori; vi aveva soffocato nell'estate fra i