Pagina:Oriani - Fino a Dogali.djvu/202

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raggi del sole e le vampe più cocenti di una fecondazione maturante ad ogni minuto, vi si era assopita nelle malinconie lagrimose degli autunni, aveva simulato di morirvi sotto il bianco lenzuolo di tutti gl'inverni. Dietro ai primi colli rugati da minimi ruscelli se ne alzavano altri più uniformi di colore, e dietro altri ancora violacei e trasparenti a certe ore, in altre rigidi ed acuti sul cielo grigio ed unito. E le stesse vette da tremill'anni attiravano lo sguardo di tutti i viandanti, mentre la stessa voluttà nelle curve, la stessa improvvisa arguzia nei distacchi, la stessa soavità d'inclinazioni producevano le medesime sensazioni e le medesime idee. Le esclamazioni dei passeggieri si erano alternate in una rapida e tumultuosa vicenda di lingue, ma significando sempre la stessa cosa: tutti trascorrendo sul facile piano della strada avevano guardato quei colli, sui quali le case sole mutavano in mezzo alla eterna bellezza della natura.

Non erano romani, ma galli, i primi che da quei colli videro la pianura rigarsi di una larga striscia bianca. Era la nuova strada Emilia, che staccandosi dalla via Flaminia alla sua estrema punta di Rimini, la più antica colonia romana, proseguiva verso le più recenti per Bologna sino a Piacenza. Allora la pianura, che dai colli discendeva verso il mare, era ben più stretta di ora e si arrestava al labbro della