Pagina:Oriani - Fino a Dogali.djvu/428

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li vi nuotano furiosamente nitrendo, o vi scorrazzano invasati dinanzi come sulla ripa di un torrente che dilaghi. Un orribile tumulto vi copre il gemito supremo dei morenti e le strida dei feriti. Infatti, da tutti i suoi lembi si veggono uomini fuggire con altri uomini morti o moribondi sulle spalle, come naufraghi strappati ai suoi vortici, entro i quali terribili figure di donne infuriano confusamente tra il lampeggiamento delle armi e lo scintillio dei colori sventolanti su tutto quel nero. Non vi si distingue nè ordine nè forma: non è un esercito, non è un'orda, ma una moltitudine in una caccia, che l'agguato ha preparato e la strage deve compire. Hanno poche armi da fuoco e si avanzano carponi, balzando come le tigri, strisciando come i serpenti dietro ogni asperità del terreno, evitando il fuoco della moschetteria, che cade sovra di essi come una grandine regolare ma sempre più rada. Colla destrezza meravigliosa dei selvaggi, senza guida di capitani hanno largamente circuito quel colle e attendono che l'eroico manipolo abbia finito le cartuccie per slanciarsi all'assalto. Sarà come un soffio del Simoun, uno schianto d'uragano. La sicurezza della vittoria centuplica la ferocia della loro attesa, guardando quel drappello ancora allineato, bianco sul colle grigio, immobile sotto il sole e davanti alla morte.