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pidamente, che la maggior parte degli abitanti erano già usciti nel mezzo dell’unica strada, prima che la droiska avesse oltrepassato la grossa cancellata di ferro, che interrompeva il muro di cinta dinanzi alla porta del castello. Molti servi si affrettarono intorno al padrone. Nel vestibolo, l’alta temperatura dei caloriferi diede ai due viaggiatori come il senso di una soffocazione; il principe aveva già chiesto a Tikone, il vecchio intendente, notizie della signora.
— Sua Alta Nobiltà sta benissimo, aveva risposto questi guardando negli occhi del padrone.
— È inutile avvertirla subito del nostro arrivo. Venite, Loris, gli si rivolse, ora siete in casa vostra.
L’intendente li precedeva sullo scalone in legno, coperto di un modesto tappeto; molti vasi di piante verdi erano disposti sui pianerottoli.
Traversarono un’anticamera, due sale, un salone, sino ad un gabinetto arredato senza pretesa. La temperatura, sempre così alta, scioglieva loro in acqua sul viso i diacciuoli dei capelli e dei baffi. Si sentivano stanchi, tutte le membra intorpidite; il principe sembrava anche più ammalato, colle spalle più curve. Tratto tratto qualche colpo di tosse gli scuoteva il petto. Loris aveva perduto la bella freschezza del volto; gli occhi gli si erano appannati, aveva la bocca amara.
Dall’ampia finestra a doppia vetriata si vedeva, attraverso l’opacità dei cristalli, sui quali il ghiac-