chezza, s’imponeva alla
sua ammirazione, mentre un abisso s’allargava continuamente fra loro.
Tatiana non lo interrogava mai, non si preoccupava di nulla, pareva
estranea alla sua vita; nella stima, che gli mostrava, v’era una
indifferenza micidiale. Egli pensò perfino di rivelarle la propria vita
politica per apparirle così sotto un aspetto migliore. Chi sa se la
grandezza del pericolo, al quale era sempre esposto, non l’avesse
commossa; ma la voce rauca dell’esperienza gli diceva che anche questo
sarebbe indarno. L’amore è anzitutto una frenesia fisica, che nessuna
ammirazione morale o intellettuale può produrre. Sciaguratamente Tatiana
nell’ingenuità del proprio sentimento aristocratico stimava i nichilisti
una setta di assassini, e parlando della tragica morte di Alessandro II
se ne commuoveva come per una sventura domestica. Nell’inverno a
Pietroburgo Tatiana, profittando finalmente della propria condizione di
moglie, si sottopose alla cura di uno specialista, dal quale si fece
naturalmente proibire ogni contatto maritale. Poi tornò ai saloni
sfoggiando un’eleganza fine come l’incanto, che le veniva dalla stessa
malattia. I suoi occhi umidi d’isterismo avevano uno splendore di
poesia, alla quale le donne stesse rimanevano prese; i suoi languori, le
sue debolezze improvvise, mentre alle volte ballava colla foga più
pazza, il tono amaro della sua conversazione originale le diedero per
una stagione l’impero della moda. I giornali