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Loris si ricordò il quadro di Gerôme «Ave, Cæsar, morituri te salutant.» Quindi indietreggiarono, curvandosi ancora di più, parlando tutti in una volta, e la porta tornò a stridere sui cardini.
Allora Loris vide una signora vestita di bianco, sotto il lampadario, nel mezzo del salone, che lo guardava. Da quanto tempo? Così nell’ombra non potè discernere la sua fisonomia; egli pure volgendo le spalle alla finestra restava colla faccia al buio, ma indovinando in lei la moglie del principe abbassò lievemente la testa ad un inchino.
La signora era alta, bionda, coi capelli rialzati sulla fronte; la vesta amplissima le cadeva intorno a pieghe grosse e rigide, quasi ieratiche.
Loris seguitò ad inoltrarsi, ma nel passare dinnanzi alla finestra la sua fisonomia s’illuminò.
La signora gettò un grido, rinculando con un gesto di spavento:
— Voi! esclamò con voce strozzata.
Non intesero un passo nell’anticamera.
La signora lo guardava fiso, colla bocca convulsa, arretrando lentamente; ne’ suoi occhi sbarrati brillava una luce insopportabile. Loris la riconobbe; era lei, sempre così bella, diventata più alta e più magra. Le trovò subito quell’impercettibile neo all’angolo sinistro della bocca, ma egli stesso era sconvolto, si sentiva sommergere.
Ella indietreggiava verso il piano-forte, strisciando