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sul tappeto, con una mano protesa e la testa gettata indietro attirandolo.

Poi si volse all’uscio, di cui la maniglia aveva girato, e cadde svenuta.

Il principe si slanciò per sostenerla.

Loris era rimasto al proprio posto.

Il principe sollevò la signora con una forza che, a vederlo così emaciato, non gli si sarebbe supposta; la distese sopra un divano, le mise un cuscino sotto la testa, le ravviò la veste sui piedi, che penzolavano ancora sul tappeto, e curvo su lei, più smorto di lei, la contemplava. La signora aveva rimasto gli occhi aperti, i denti le tremavano.

— Non le avete parlato? chiese a Loris.

— Mi sono voltato dalla finestra udendola passare; l’ho vista cadere nel momento, che siete entrato.

— Una delle sue crisi! rispose il principe, che si era già rivoltato: questa volta non sarà forte. V’intendete di medicina?

— Ne ho letto qualche libro.

— La principessa è nevropatica; ma si torse ancora, studiandola colla acutezza di un medico; vedete: sono sicuro che c’intende, ma non può muoversi.

Loris rimase impassibile. Il principe aveva preso il polso dell’ammalata, e lo stringeva fra le proprie mani. Ella pareva una statua; i suoi occhi appannati erano divenuti come due turchesi.