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— Quante? chiese infantilmente Tatiana.

— Nessuna.

— Allora era un pretesto.

— Non me ne servo mai, replicò duramente, ma accorgendosi di essere stato villano soggiunse: non lo so, ma mi sarebbe stato impossibile accompagnarvi, avevo bisogno di rimanere solo.

— La vostra opera forse...., ella lo punse gaiamente.

— Forse.

E il suo accento parve pesante a Tatiana.

Quindi cominciò un dialogo, scintillante di arguzie da parte di Tatiana; il principe sorrideva a quella sua pretesa di una rivincita con Loris, che le opponeva il più freddo riserbo, rispondendo ai suoi frizzi leggieri con gelide formule pessimiste. Ma Tatiana, usa al volteggio dei saloni, finiva qualche volta per avere il sopravvento.

— Voi siete un ambizioso, signor Loris.

— In questo caso, principessa, non ve ne sareste accorta: le donne ignorano l’ambizione costretta a dimenticarle.

— Anche gli ambiziosi secondo voi non possono amare?

— Infatti, non sono amabili.

Poi la conversazione deviò, parlarono delle campagne russe. Involontariamente Loris s’abbandonò al racconto di quanto aveva veduto in quei tre anni di pellegrinaggio, sfoggiando tanta ricchezza d’osservazioni, che il principe stesso lo ascoltò