Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/110

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tutti, lieve e pura dentro l’ombra di un’altra notte più profonda. Egli lo sapeva già con una certezza che talvolta lo faceva rabbrividire.

Infatti imparò presto dalla voce di tutti che la giovinetta, da quindici giorni sdraiata sopra una poltrona nella camera della mamma prospiciente sull’ampio giardino perchè non poteva stare a letto, era in fin di vita.

Egli ebbe uno schianto al cuore: che cosa vi era dunque in quell’altra camera perennemente illuminata? Poi la notte degli otto dicembre, festa della Immacolata Concezione, nel passare alla solita ora vide dentro l’atrio del palazzo una carrozza bruna con due immensi fanali accesi, che lo rischiaravano come di una luce d’incendio. Nevicava fittamente, silenziosamente, a larghe falde. La neve turbinava ai vetri dei fanali con un battito di piccole ale bianche crescendo pura e fredda sulla strada: nessuno passava. Egli già tutto bianco, colle scarpe sepolte nella neve e il mantellone che vi strideva dietro ad ogni passo, si diresse verso la Madonna. Dentro quella opacità la fiamma del lampione gli parve come di lampada sepolcrale.

Improvvisamente sentì un soffio più freddo negli occhi e un bisogno irresistibile d’inginocchiarsi dinanzi alla Madonna singhiozzando sotto il mantello perchè nessuno potesse vederlo.

Appoggiò la testa al muro e si prostrò col mantello sulla testa congiungendo disperatamente le mani: le sue orazioni salirono a quella piccola immagine quasi invisibile come una fiamma fra il pianto dirotto che gli inondava il viso. La fanciulla moriva: egli se ne accorgeva come la madre ginocchioni anche essa accanto alla poltrona.

Era allucinazione? Era una di quelle misterio-