Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/111

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se visioni, che la scienza nega ancora, e che lo spirito ebbe sempre?

Egli mormorava sommessamente le parole del salmista ai moribondi con lo stesso accento monotono dei preti in tali istanti, simile ad un murmure di acque, che avvallino per un fondo senza fine.

Quando i ginocchi intirizziti dalla umidità della neve lo fecero rinvenire, si sentì tutto bagnato: tentò di rialzarsi colle mani al muro, ma l’impressione del freddo fu così acuta che gli fece quasi gettare un urlo.

Una carrozza passò rotolando sulla neve, mentre il portone si chiudeva strepitosamente.

Egli intontito di quanto aveva fatto si avviò rabbrividendo per tornare a casa; nella notte lo colse la febbre.


III.

La gente si attardava.

A quell’ora nella vasta chiesa, tutta parata di nero, l’ombra diventata più misteriosa non era rotta che laggiù ai lati dell’altare maggiore dalle due lampade sospese sotto la piccola cupola. Ma dinanzi alla terza cappella della navata sinistra, ove il feretro coperto d’immense ghirlande giaceva sopra un tappeto di fiori, il chiarore era intenso; centinaia di torce fiammeggiavano intorno a quella specie di recinto, che il parroco aveva avuto l’idea di costruirvi intorno coi panconi della navata principale per frenare la curiosità villana della gente. Un odore acuto d’incenso errava ancora fra gli aromi di tutti quei fiori nelle tenebre.

Poi anche i più curiosi cominciarono a dira-