Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/59

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bigliate, dovette cedere subito alla gaiezza, colla quale ella saltellava volendo tutto vedere e frugando invece abilmente fra i suoi manoscritti per cercarvi le tracce di qualche avventura, forse non del tutto passata. Non trovò quasi nulla, poche fotografie di belle donne, che Lelio le dichiarava ad ogni sua dimanda cortigiane o modelle.

— Qualcuno non ti ha veduto entrare? — le chiese diventando prudente per una improvvisa tenerezza di tenerla così in quella cameretta nella quale aveva tante volte sognato di lei.

Ella vi rimase più d’un’ora.

— Verresti qui una notte con me?

— Nel tuo letto! — ella esclamò rispondendo al suo guardo con una smorfia di ripugnanza.

— Perchè?

— Ma è una via pubblica, lo so.

L’altro invece credette ad una schizzinosa aristocrazia di gran dama, e se ne offese.

Rimasero entrambi impacciati, poi ella se ne andò nullameno sorridendo. Ma sulle dieci della sera stessa la vide sola col principino fuori di strada. Camminavano stretti l’uno contro l’altro, parlando a bassa voce, concitati: egli allungò il passo e traversò la strada cacciandosi sotto l’altro portico per seguirli non visto.

Non era gelosia, ma un’amarezza della vanità e del non aver mai potuto sino allora credere ad alcuna donna. Sapeva che il principe stava per sposare una baronessa tedesca ricca a milioni, quindi i due dovevano certamente parlarne; fors’anche era la loro ultima scappata in una deliziosa soffocante ripresa di tutte le follie, studiando già il modo d’intendersi dopo quel matrimonio.

Lelio sentiva che fra la principessa e il principino una vera rottura poteva anche non accadere