Pagina:Oriani - Vortice, Bari, Laterza, 1917.djvu/82

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andare; ma la città gli faceva paura in quel giorno. Tutti vi erano sfaccendati, la requie della domenica rendeva la gente più occupata dei fatti altrui e più dura verso coloro che non potevano nè riposarsi nè godere del riposo comune.

Oltrepassò il ponte, bel ponte di un arco solo, che la gente chiamava Rosso, non si sa perchè; poco lungi il camino tozzo ed alto di un mulino a vapore fumava malgrado la domenica, un vecchio cane bracco era sdraiato al sole dinanzi alla porta, alcune anitre si dondolavano pesantemente col collo ripiegato, frugando del becco il terreno intorno. Volse a sinistra per un sentiero, che fra la riva e gli orti, passando dietro il cimitero monumentale, benchè i monumenti vi siano scarsi e brutti, si allontanava per ombre incerte di acacie. Allora, finalmente solo, respirò. Al di sotto, il fiume non era più che un canalaccio dal letto melmoso, nel quale l’acqua stagnava in lunghe pozzanghere opache; di fianco, invece, gli orti lussureggiavano. La gamma dei loro verdi vibrava tutta nella luce, mentre la poca terra scoperta era così umida e scura che, guardando bene, si sarebbe creduto di vederne salire i vapori nel sole. Ma egli camminava invece a testa bassa, preoccupato dall’angusto sentiero slabbrato, pel quale non sarebbe stato molto difficile mettere il piede in fallo. Guardò se v’erano pescatori, qualcuno di quei maniaci, che venivano spesso a passare lunghe ore seduti sopra uno sghembo della sponda, con una canna e una lunga lenza inutile. Nessuno!

I muraglioni muffosi del cimitero arrivavano fino quasi sul fiume.

Quel sentiero malinconico e mezzo invisibile era prediletto dagli amanti e dai vecchi per un bisogno